Nel 1966 le Storie naturali di Primo Levi arrivano dopo: dopo due opere, Se questo ĆØ un uomo e La tregua, che (parole dell’autore) «erano senza dubbio libri seri, dedicati a un pubblico serio». L’autore, ĆØ chiaro, sta mettendo le mani avanti. Ha buoni motivi per farlo, dato che ora propone a quello stesso pubblico «un volume di racconti-scherzo, di trappole morali, magari divertenti ma distaccate, fredde: non ĆØ questa frode in commercio, come chi vendesse vino nelle bottiglie dell’olio?». Una immaginazione spregiudicata che si avvale di saperi scientifici vasti, minuziosi, bizzarri, e una lingua inventiva, ironica, stringata, pronta in ogni momento a giocare con le parole e i loro suoni, pronta perfino ad azzardarsi in un racconto sui centauri. Sono questi i talenti che hanno permesso a Levi e alle sue quindici Storie naturali di arrivare prima: prima che in Italia venisse coniata la parola «fantascienza», prima che un qualcuno immaginasse una stampante 3D (leggere la coppia di racconti sul Mimete), prima che si manifestasse un’entitĆ denominata metaverso (e qui si affronti, con timore e tremore, l’ultimo racconto Trattamento di quiescenza), e prima che imperversasse una qualsiasi Intelligenza Artificiale (ma il Versificatore di Levi ĆØ dotato di vere emozioni e della capacitĆ di giocare, oltre che dell’ispirazione di un grande scrittore in carne e ossa). In questi giochi giocati sul serio consiste il Futuro anteriore del Primo Levi di Storie naturali: del Primo Levi che arriva prima e che include nel suo gioco anche un passato prossimo e bruciante, e questa volta saranno da leggere le tre storie “tedesche” Angelica Farfalla, Versamina e La bella addormentata nel frigo. Ć soprattutto la prima, Angelica Farfalla – un racconto dell’orrore di rara perfezione –, a insinuare il dubbio che quel passato prossimo faccia tuttora parte del nostro presente.